cessione di credito da mutuo fondiario, misura delle imposte di bollo e ipotecaria


 

Not. Stefano Bigozzi, chiede

sbigozzi@notariato.it

 

Ho stipulato un contratto di cessione di credito mediante il quale una Banca ha ceduto ad una società  finanziaria il credito derivante da un'ipoteca fondiaria.


La cessione è quindi assistita dai benefici fiscali di cui al D.P.R. 601/1973 che sono stati richiesti in atto, che è stato registrato in esenzione di bollo e di tributo.


La Conservatoria ha rifiutato l'annotamento della cessione, pretendendo il pagamento dei tributi di bollo e le ordinarie imposte ipotecarie.


Quesito premesso che alla cessione de qua è pacificamente applicabile l'art. 15, D.P.R. 601/1973 (al riguardo la cessione non viene neppure effettuata a favore di soggetto privato ma di società finanziaria) può la Conservatoria RR.II. rifiutare la formalità eccependo il "difetto" fiscale attesa la tipicità delle ipotesi di rifiuto ? posso io chiedere la formalità "con riserva" ?

 

 



Not. Luigi Grassobiondi

lgrassobiondi@notariato.it


Purtroppo, la risoluzione ministeriale del 18 aprile 1988 stabilisce che la cessione del credito effettuata da un istituto di credito ad un altro soggetto non possa considerarsi stipulata in relazione all'operazione di finanziamento e, pertanto, che l'atto debba sottostare al normale regime tributario.

 

Malgrado l'incongruenza della risoluzione rispetto al chiarissimo testo dell'articolo 15 del D.P.R. 601/73, per quanto a mia conoscenza (non stipulo atti di questo tipo da parecchio tempo, proprio per questo motivo), la conservatoria di Brescia (rectius, ufficio del territorio ...) pretende l'imposta proprozionale.

 

Sull'argomento è interessante lo studio della Commissione Studi Tributari n.ro 104/2000.




 

Not. Stefano Bigozzi

 

Conosco sia la risoluzione ministeriale che lo studio (di cui è appena il caso di dire che sottoscrivo in pieno tutti i contenuti): il problema che io sollevavo era un altro.

 

Può la conservatoria rifiutare l'esecuzione della formalità basando tale rifiuto sul presupposto fiscale oppure il rifiuto è illegittimo atteso che l'irricevibilità delle formalità è circoscritta a pochissime fattispecie tipiche che non prevedono (ovviamente) l'irregolarità fiscale degli atti ?

La risposta a tale quesito non è di piccolo momento perché:

 

a)      se il rifiuto è illegittimo la "voglia" di chinare la testa e pagare viene dato che mancando la "carta" non si ottengono determinati vantaggi per cui dovrò pagare dopo di che sobbarcarmi (a quattrini spesi) l'iter del rimborso con quel che ne consegue;

b)      se però il rifiuto è illegittimo allora la strada si fa tutta in salita per l'Amministrazione dato che, comunque, la formalità deve essere fatta.

 


 

Not. Enrico Bevilacqua, risponde

ebevilacqua@notariato.it

 

Mi fa piacere che Tu abbia sollevato la questione (se la Conservatoria possa rifiutare una formalità pubblicitaria per ragioni fiscali) perchè essa non è mai stata sufficientemente chiarita; proprio per questo, è opportuno l'invito ai Colleghi a segnalare eventuali precedenti giurisprudenziali.

 

Vorrei fornire qualche elemento di riflessione.

 

Quando il Conservatore non accetta (in modo informale) la formalità afferma di basarsi sull'art. 13, c.2, D.Lg. 31.10.1990 n. 347, secondo il quale "gli Uffici dei Registri Immobiliari riscuotono l'imposta ipotecaria di loro competenza all'atto della richiesta della formalità".

 

La dottrina di origine ministeriale (Ettorre e Silvestri, "La pubblicità immobiliare e il Testo Unico delle imposte ipotecaria e catastale", II ed., Giuffrè, 1996, pagg. 428-429) afferma che, sulla base della disposizione citata, le Conservatorie "devono riscuotere le imposte principali di loro competenza all'atto della richiesta della formalità" e aggiunge: "trattandosi di un precetto imperativo della legge il mancato o insufficiente pagamento della imposta costituisce motivo di rifiuto della formalità, quando non rientrante in una delle previsioni stabilite nei successivi artt. 15 e 16".

 

La dottrina citata richiama in proposito Cass. 17.7.1980 n. 4652 (in Il fisco, 1980, n. 34, pag. 3205); detta sentenza afferma che "il versamento delle somme stabilite dalla L. deve essere effettuato, in occasione della richiesta della formalità ipotecaria, nelle mani del Conservatore dei Registri Immobiliari e costituisce condizione necessaria per l'esecuzione della pubblicità (art. 7, c.3, D.P.R. 26.10.1972, n. 635)" (detto art. 7, c.3, aveva un contenuto simile al vigente art. 13, c.  2, citato).

 

L'orientamento illustrato non convince, per diverse ragioni:

 

a) l'art. 2674, c.c. (relativo al rifiuto di trascrizione, iscrizione o annotazione) si riferisce a ipotesi tassative, fra le quali non sono previste le ragioni fiscali;

 

b) l'art. 2674-bis, c.c. (relativo alla trascrizione o iscrizione con riserva) ha dato luogo a interpretazioni diverse; tuttavia, anche se accettassimo l'interpretazione più estensiva in ordine ai poteri del Conservatore, non sembra plausibile che detti poteri si estendano al rifiuto per ragioni fiscali; infatti, sulla formalità eseguita con riserva si pronuncia il Tribunale ordinario (e poi - eventualmente - la Corte d'Appello), mentre sulle controversie relative alle imposte applicabili ad un atto si pronunciano le Commissioni tributarie, in quanto dette controversie richiedono una particolare specializzazione dei giudici [si noti che l'art. 2674-bis, c.c., non prevede l'annotazione con riserva, probabilmente perchè nell'ipotesi di annotazione non sussistono - secondo il legislatore - quelle ragioni di tutela della priorità del grado (in attesa della decisione su questioni dubbie) che hanno suggerito di introdurre l'istituto della trascrizione o iscrizione con riserva].

 

Ritengo che, qualora vi sia un dissenso - fra il Conservatore e il richiedente - sul trattamento fiscale dell'atto, la strada da seguire sia la seguente: la formalità (trascrizione, iscrizione o annotazione) viene eseguita, dopodichè l'Ufficio chiede il pagamento dell'imposta (a suo avviso) dovuta; se il dissenso permane, si investe della questione la Commissione tributaria competente.